Gianfranco Meggiato
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TOMMASO PALOSCIA

IL PREVILEGIATO ANACRONISMO DELLA SCULTURA DI MEGGIATO

Firenze 2005.

Una sfera,un cilindro, una piramide,
un cubo…modelli di geometria solida
in lucido bronzo elaborati secondo un magico procedere scientifico – anzi d’aspetto fantascientifico – che ti lascia non soltanto analizzare in superficie ma anche provocare intriganti intuizioni soprattutto in una complessa e quasi totale esplorazione dell’interno. A crearvi
a poco a poco un sito d’invenzione non
del tutto percepibile formalmente. Vale a dire che dalla superficie brillantemente luminosa e totalmente esposta alla vista in quanto costituisce la «pelle» dell’involucro, l’infiltrazione si inoltra profondamente nell’interiore dell’immagine lungo un camminamento tortuoso composto di tanti «tubicini» disposti a tracciare un ampio reticolo di poligoni irregolari e -si suppone- intercomunicanti ma spesso frammentati

e avviluppati fra loro. Ed è come se
un magico corrosivo avesse operato consapevolmente sulle configurazioni
di tutti gli strati di quel groviglio fino nel profondo ventre della forma-madre. Si che questa in tal modo contenga tutte le altre forme subalterne con l’aiuto di una tecnica misteriosamente inseritasi nei meandri bui. Essa consente loro di trascinarsi, come sèguito, qualche microraggio di luce, fino
a farlo talvolta incontrare, e ad avvolgerlo, con un altro solido geometrico, solitamente una sfera di modeste dimensioni posta a far da nucleo, in qualche modo visibile, nel complesso incantamento.
L’artista che crea questi oggetti fantastici
è Gianfranco Meggiato, giovane veneziano sulla quarantina, già carico di raffinate esperienze e di entusiasmo con i quali alimenta i suoi progetti di stampo avveniristico i quali nel tempo si sono via via aperti a configurazioni più semplici nella necessità di non sfuggire alla regola imposta da ogni valida opera scultorea: ossia quella di conseguire l’equilibrio visibile fra i vuoti e i pieni nell’immagine tridimensionale.
In tutto ciò, a mio avviso, egli rivela una stupenda capacità di fare arte innovativa raggiungendo uno spazio che rapidamente è venuto a trovarsi a contatto col futuro.
E perché questo termine non sembri eccessivo, dico che esso va inteso nel senso che la fervida immaginazione va vieppiù aprendo allo scultore un orizzonte molto ampio al quale una cultura assai vivace e la preparazione acquisita negli studi formativi artistici offrono il sostegno necessario.
Molto interessante appare lo «spettacolo» che si apre alla nostra indagine condotta nell’interiore dell’opera di Meggiato; indagine fortemente stimolata da curiosità professionale, si, ma soprattutto dal desiderio e la speranza di afferrarne i significati profondi che il talento dell’autore elargisce nelle misteriose cavità da noi stessi esplorate.
O semplicemente intuite affidandoci ad alcune indicazioni offerte dallo stesso autore: »a livello formale lo spazio e la
luce non delimitano l’opera scivolandone addosso come fosse un tuttotondo ma penetrano all’interno avvolgendone i reticoli e i grovigli e arrivando ad illuminare la sfera centrale (vedi «Sfera con sfera») quale ideale punto di arrivo; ma a volte la sfera non c’è (vedi «Cubo tensione) o non la si trova ed allora lo sguardo si perde dentro ai reticoli di natura organica all’affannosa ricerca della nostra più intima essenza».
Ed è qui, con questo intervento fornitoci dall’autore, che riusciamo a svincolarci
dal labirinto fitto dei «reticoli di natura organica» nel quale avremmo rischiato di irretire la nostra ricerca. Ossia quella che tende a chiarire a noi medesimi il senso più intimo di un’arte in cui Meggiato impegna cultura ed entusiasmo per reincontrarvi interamente la propria coscienza, là dove

la sua stessa natura si ricongiunge con l’energia a rivelare la strada giusta: quella necessaria per continuare il «rapporto onesto» di approfondimento comune attraverso il quale «l’uomo cerca se stesso».

Materiali e tecnologie antiche accompagnano l’impresa che, al lume
(si fa per dire) delle esitazioni e spesso
dei surrogati estetici che imperversano nell’arte contemporanea offertaci perfino troppo spesso dall’immenso affarismo internazionale (che ne inquina l’immagine e l’eventuale serietà di fondo) la scultura di Meggiato può apparire fuori dal tempo e quindi anacronistica.
Si tratta comunque di un anacronismo privilegiato, tangibilmente poetico, in quanto lo scultore veneziano trasferisce
la propria sensibilità moderna sopra e dentro immagini provenienti da un tempo remoto, quali sono le figure offertegli
dalla geometria solida, conferendo loro significati ed effetti sbocciati in tempi lontanissimi dalla loro origine. Dalla loro storia. E ne espone la lettura fantastica in un’avvincente proiezione verso il futuro.

Tommaso Paloscia

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