Maurizio Vanni

Maurizio Vanni

2017

La genesi della materia e la meccanica quantistica

Meggiato ha fatto dell’indipendenza, dell’intraprendenza, della sperimentazione, dello spirito di appartenenza, dell’introspezione, dell’indagine della natura, dello studio dei fenomeni simbolici, esoterici e socio-antropologici un mezzo per conoscere, per conoscersi e per mettere in condizione ogni persona di rileggere la natura attraverso processi cerebrali attivi e meditativi. Le sue opere sono, spesso, legate proprio ai pensieri di identità introspettive riviste in chiave contemporanea. In un momento dove il naturale può essere interpretato e indagato ad ogni latitudine e con qualunque strumento possibile, lo scultore ci invita a recuperare la consapevolezza del passato remoto, la forza delle nostre origini e di quelle energie primordiali che completano e distinguono l’individuo nell’era della globalizzazione. In ogni suo lavoro si percepisce un tentativo di unire gli opposti (luci e ombre, pieni e vuoti), di far dialogare strutture e cose apparentemente lontane tra di loro (materiali, strutture, cromie e forme), dove il soprannaturale potrebbe trasformarsi nel filo rosso che lega tutte le cose del mondo.

Gianfranco Meggiato. Genesis

La genesi della materia e la meccanica quantistica

Se è vero che il fare artistico del qui e ora può non avere una precisa connotazione e spiegazione visto che non deve necessariamente tendere a un fine determinato e unilaterale, è altrettanto vero che l’opera di uno scultore, nelle sue più alte manifestazioni comunicative, si eleva a un significato di natura generale che trascende i limiti dell’universo e della pura artisticità. Nelle loro differenti modalità espressive, gli artisti sono sempre più attratti dall’indagine del non visibile, dal cercare nell’oltre le risposte ai loro quesiti culturali ed esistenziali, misurandosi con la conoscenza millenaria dell’uomo nel cercare di prefigurare il futuro. A questo obiettivo ognuno si avvicina per strade diverse, attraverso percorsi evolutivi che potrebbero andare ben oltre il nostro sistema solare e ben più in profondità di ciò che definiamo realtà.

Nelle opere di Gianfranco Meggiato spazio e tempo potrebbero essere considerati forme di pensiero che, in quanto tali, sono indeterminate e indeterminabili, senza principio né fine. Il suo fare arte, perciò, pur non avendo corrispondenze dirette con la realtà, parte dall’obiettivo di un costante confronto con la natura e con l’uomo, in una sfida con la materia, con la forma, con la luce e con lo spazio che prende consistenza nelle solide radici della tradizione attraverso le più ardite possibilità plastiche della nostra contemporaneità. Ne scaturiscono immagini a tutto tondo che corrispondono a profonde sintesi visive auto-referenziali, certe volte in apparente dualismo tra di loro, le uniche rappresentabili in quel preciso momento in sintonia con le proprie idee e le proprie suggestioni interiori legate alla genesi della materia.

Tutti gli oggetti che ci circondano hanno una caratteristica comune: sono fatti di atomi. Fin dalla genesi della filosofia, l’uomo si è impegnato per capire di che cosa fosse fatta la materia e solo due secoli fa è riuscito a  comprendere che è formata dall’aggregazione di un numero elevatissimo di particelle elementari. Si crede che i componenti necessari all’origine della vita siano giunti sulla terra nel corso di violenti bombardamenti meteoritici circa quattro miliardi di anni fa. Le molecole organiche che viaggiavano a bordo di queste meteoriti sono rimaste imprigionate quando il nostro pianeta si trovava ancora a uno stadio di nebulosa. I composti chimici che hanno dato origine alla vita, quindi, potrebbero essersi formati sui meteoriti grazie all’energia di un ingrediente decisivo: il vento solare. Soffiando con violenza a migliaia di km/h fino ai confini del sistema solare, questo misterioso vento ha riparato la terra da pericolosissime radiazione cosmiche creando una sorta di gabbia protettiva che ha permesso la genesi della vita.

Quasi tutte le opere di Meggiato hanno qualcosa di prezioso da proteggere, un elemento che prende consistenza attraverso la percezione di ogni individuo, che trova nella luce l’elemento complice in grado di esaltarne la forma e il colore, la concretezza e l’essenza. I suoi nuclei potrebbero rappresentare le particelle della genesi di tutte le vite, il cuore primordiale che, protetto dalle evoluzioni di una materia concreta e serrata, ha dato origine al Tutto. Le sue sculture, in effetti, sono formate da due parti: un’anima centrale, quasi sempre una sfera o un disco più o meno grande, che sembra custodita da una imprevedibile gabbia, mai uguale a se stessa, che prende possesso dello spazio ritmando le volute della materia.

“La genesi del Tutto – afferma Meggiato –, il punto di partenza della mia ricerca plastica, rimanda al microcosmo, alla nascita delle prime forme di vita e alla formazione dell’energia primordiale. Certe mie opere, specialmente le sfere, sembrano nuclei biologici pulsanti o composizioni molecolari ruotanti nello spazio. Nei miei lavori il vuoto è importante come il pieno, in quanto le cose che valgono di più sono quelle intangibili. La materia, le strutture compositive e le forme che caratterizzano le mie sculture rimandano all’uomo e al suo viaggio dentro se stesso per conoscersi, per capire chi o cosa è realmente. All’inizio del mio percorso artistico, infatti, chiamavo il mio modo di procedere Introscultura proprio perché nelle mie opere tutta l’attenzione era, ed è tuttora, rivolta al dentro, al nostro indispensabile viaggio interiore”.

La fisica quantistica descrive il comportamento della materia, delle radiazioni e di tutte le loro interazioni viste sia come fenomeni ondulatori che particellari. Agli inizi del Novecento, Albert Einstein dimostra l’effetto foto-elettrico attraverso l’ipotesi che i raggi luminosi potessero trasportare particelle chiamate fotoni – la cui energia è direttamente proporzionale alla frequenza dell’onda corrispondente – che cedono, liberandoli dal conduttore, parte della loro energia agli elettroni. Sempre in quegli anni, Max Plank afferma che l’energia viene emessa non in forma continua, ma in una sorta di pacchetti che lo scienziato tedesco definisce “quanti”. Da questa teoria nasceranno due formule sulla natura dell’energia: la prima è che l’energia assume forma di onde e la seconda che assume forma di particelle. Entrambe queste supposizioni hanno in sé il connotato della forma non naturalistica.

Nelle sculture di Meggiato le ramificazioni complesse che si attorcigliano, si rincorrono e si aprono in modo concitato intorno al nucleo di partenza potrebbero alludere proprio all’energia intesa come genesi di forme che possono essere indagate con l’aiuto della luce attraverso un approccio percettivo in grado di dare concretezza ottica a qualcosa che non si manifesta in modo chiaro alla ragione e al solo senso della vista.

Lo scultore veneto, anche attraverso lo studio della meccanica quantistica, porta con sé l’opportunità di incontrare ciò che non sarebbe naturalmente visibile, la forma di quei processi energetici che senza una presa di coscienza cerebrale e interiore rimarrebbero adombrati. La materia visibile, perciò, diventa un fattore sostanziale dell’epistemologia contemporanea, nella quale la conoscenza intuitiva, unita alla concretezza provvisoria della scienza, mette in condizione l’individuo di non perdersi nell’affascinante  labirinto dell’oltre.

“In questo periodo storico – spiega Meggiato – la fisica quantistica sta rivoluzionando profondamente il pensiero contemporaneo, non a caso l’opera in copertina si intitola Sfera Quantica. Le ultime teorie della fisica quantistica affermano l’esistenza di universi paralleli e mettono in seria discussione i tre parametri che da sempre definiscono la natura del nostro universo: lo spazio, il tempo e l’energia, arrivando ad affermare che viviamo in un universo virtuale. Tutto avverrebbe e sarebbe sempre avvenuto nello stesso momento e nello stesso punto. Sono teorie sconvolgenti alle quali un artista che vive il proprio tempo non può restare indifferente. Un esperimento scientifico che mi ha molto colpito è stato quello dove i fotoni, le particelle base per la creazione della materia, cambiavano natura e diventavano onde o raggi a seconda che ci fosse o meno la partecipazione all’esperimento di un osservatore. Questa presenza da sola determinava una mutazione dello stato della particella. Incredibile! Questo ci pone un quesito, l’uomo è veramente quello che la cultura imperante da sempre ci vuole far credere o c’è qualcosa, o molto di più? Acquisire la consapevolezza che la nostra parte animica può modificare questo mondo virtuale ci rimanda inevitabilmente alla vera natura dell’essere uomo. A livello plastico queste teorie mi stanno spingendo verso forme più primordiali, quasi tribali, l’equilibrio viene spesso sacrificato al dinamismo, gli spazi vuoti si ampliano, le fasce spesso finiscono con parti appuntite o taglienti. A questa mia nuova ricerca artistica appartengono lavori come: Oltre, Sfera Orione, Sfera Aldebaran, Verso la Libertà, Mizar, Scorpius, Taurus, Sfera Quantica e Sfera Aurea.

Il concetto di rendere visibile la genesi della materia diventa un elemento fondamentale nella percezione dei lavori di Meggiato nei quali non risulta esserci una priorità conoscitiva, una scansione pre-ordinata degli elementi che formano l’opera, ma l’invito verso un processo diversamente cognitivo perché si apre, nonostante si parli di fisica, a un apporto importante di creatività. Il processo di ideazione di nuove forme è, comunque, sempre inedito ed è per questo che esige una mente, al tempo stesso, razionale e istintiva.

In modo particolare nei suoi ultimi lavori, l’arte non è più uno strumento esistenziale di rappresentazione, ma una modalità creativa legata alla visualizzazione dell’energia del Tutto nelle modalità esprimibili attraverso la sua esperienza e la sua fervida immaginazione. La sua sfera potrebbe rappresentare l’elemento di contatto con lo spazio subatomico (forma), mentre la  gabbia protettiva ed enigmatica potrebbe riassumere la consistenza materica di onde e particelle per comprenderne le strutture, le trasformazioni, le combinazioni, le relazioni, le successioni e le possibili apparizioni. Lo scultore veneto opera a livello epistemologico perché partendo dalla scienza, attraverso mestiere e creatività, offre un contributo alla conoscenza dell’essenza della realtà.

Il suo obiettivo è quello di arrivare al cuore delle cose, alla parte più profonda e spirituale della vita. Scolpire significa impegnarsi in continui cambiamenti che coinvolgono la sua parte più cerebrale, spirituale e profonda in relazione a una visione che va oltre ciò che solitamente definiamo realtà, pur non abbandonando mai del tutto i concetti modernamente rinascimentali legati alle armonie tra pieni e vuoti (il vuoto in certi casi risulta essere più rilevante del pieno), tra luci e ombre, e tra spazio e forma. Meggiato è consapevole di percorrere una strada con tanti quesiti, con numerose vulnerabilità legate a punti di vista che non potranno mai essere dimostrati scientificamente e che, il più delle volte, creano perplessità nei confronti di pubblici sempre meno disposti ad andare oltre ciò che vedono, a credere nei “misteri” della conoscenza, della scienza e della nostra esistenza.

La genesi dell’anima e i simboli esoterici

Uno dei compiti dell’arte della nostra contemporaneità, oltre al manifestarsi come una forma comunicativa allo stato puro, è quello di portare in superficie e rendere cosciente il lavoro interiore e intellettivo dell’artista. Le arti visive, così come qualunque disciplina impostata per una comprensione teoretica del cosmo, potrebbero rappresentare per l’umanità quello che la coscienza individuale rappresenta per ogni singolo individuo.

Ne scaturisce una forma espressiva intesa come una consapevolezza dell’essere finalizzata alla conoscenza dell’universo. Quello di Meggiato è un ascoltare prima ancora di fare, una specie di filosofia di vita legata al desiderio di conoscenza e di autoconoscenza che lo stimola a penetrare nelle viscere di tutti i fenomeni che intende esaminare. La vita spirituale ottiene il suo completamento nella costante ricerca della verità nell’anima delle cose.

Con il termine anima si indica, convenzionalmente, il principio dell’attività cosciente dell’individuo e la genesi della vita di ogni essere vivente. Chi, come Gianfranco Meggiato, si dedica all’arte utilizzandola come mezzo di sperimentazione, di ricerca e di indagine sulle forme, sui materiali, sulla luce e sullo spazio, potrebbe essere coinvolto in un procedimento spirituale che mira a indagare ciò che di profondo ed essenziale esiste in ogni essere umano: l’anima.

Cercare la verità delle cose, confrontarsi con le leggi infinite dell’universo, significa aprirsi completamente alla parte più profonda di noi stessi proiettandosi verso dimensioni altre capaci di mettere in dubbio il significato di tutto ciò che definiamo realtà. Di fronte alle sue opere plastiche si aprono una serie di percorsi improbabili, ma possibili, numerose occasioni conoscitive, ma solo una di queste permetterà a ogni fruitore di giungere alla percezione ideale. La cosa imprevedibile, però, è che la strada appropriata sarà differente per ogni persona, a seconda dei suoi ricordi, delle sue conoscenze, del suo desiderio di condivisione e del suo coraggio intellettivo, emotivo, esperenziale e partecipativo.

L’anima può diventare anche il luogo della razionalità, il mezzo con cui l’uomo può giungere a comprendere l’oltre. Ogni lavoro di Meggiato comprende processi più concreti e logici uniti, in modo particolare nelle fasi di lavorazione della materia, a lucide gestualità e a intraprendenze istintive dei volumi. In alcune delle opere più recenti, lo scultore ha aperto ancora di più le forme con un’inedita disposizione delle parti più esili e curvilinee verso la luce: ciò che prima sembrava una barriera difficilmente superabile si è trasformata in un’armonica ramificazione disposta, con maggior dinamismo, raffinata eleganza e forza propulsiva primordiale, a dialogare con il vuoto e a liberarsi nello spazio.

“Esiste l’Anima? – si chiede Meggiato – E se esiste cos’è? Una teoria molto interessante, basata su innumerevoli sedute di ipnosi regressiva su soggetti diversi, suddivide l’uomo fondamentalmente in tre elementi posti dentro un involucro corporeo: la mente che è la parte raziocinante, lo spirito, parte istintiva e vitale e la parte animica. Queste tre componenti, spesso in lotta tra, loro sarebbero la causa ultima di tutta l’infelicità dell’uomo e solo una loro armonia porterebbe alla cosiddetta pace interiore. L’anima non ha il parametro del tempo, per capire la sua vera natura può fare solo una cosa: dividersi, specchiarsi ed osservarsi, da qui la creazione di un universo duale, dove c’è il verso e il suo contrario. In questo contesto si innesterebbe il nostro processo di acquisizione di consapevolezza, un processo intimo e personale, dove proprio l’esperienza negativa può essere funzionale ad una nostra crescita interiore, dove ogni anima deve poter fare le proprie esperienze, deve poter commettere i propri errori. Queste dinamiche hanno molto in comune col processo creativo di un’opera d’arte; infatti l’artista, come un alchimista, riesce a trasmutare il lingotto di metallo o il marmo grezzo in una materia viva e pulsante capace di dare, anche nel perdurare del tempo, forti emozioni, nonché di fornire innumerevoli spunti di riflessione. Creare un’opera d’arte è senza dubbio un viaggio iniziatico dove l’artista che crea, spesso in modo inconsapevole , ha bisogno di specchiarvisi per cercare di capire cosa la stessa gli voglia dire”.

Rifiutando l’idea della storia come flusso creatore e contenitore di ogni legame tra entità esistenti, nelle opere dello scultore veneto si afferma la necessità di concretizzare la dialettica “dentro/fuori” di ogni fenomeno della vita. Talvolta si ha come l’impressione che i suoi lavori siano un tentativo di far slittare l’esistenza altrove, di evadere in una sorta di viaggio alla riscoperta delle condizioni dell’animo e dell’anima. Nei suoi lavori recenti, Meggiato sembra disinteressarsi della materia in quanto tale, delle apparenze del dato fenomenico, per forzare le dinamiche di nuove strutture che si proiettano su universi verosimili, ma improbabili, alludendo ad immagini che dovrebbero funzionare come richiamo alle idee, come sollecitazione di personalissimi simboli.

Il simbolo – le diverse forme geometriche, le differenti cromie e le allusioni alla genesi di forme primordiali – diventa il veicolo privilegiato per l’oltre, come il sogno lo è per l’inconscio, agendo nel profondo con modalità che sfuggono alla ragione. Al centro di qualunque simbolo, comunque, c’è un nucleo che non cederà mai a qualunque tentativo di interpretazione razionale, anche se, in certi casi, le allusioni potrebbero sembrare palesi.

Non possiamo parlare, nel caso di Gianfranco Meggiato, di una vera e propria arte esoterica, ma quello che è certo è che nei suoi ultimi lavori si intrecciano tendenze spirituali, concettuali, mistiche e fantastiche che ci proiettano in dimensioni legate al soprannaturale. Lo scultore è guidato da una visione che non è poi così lontana dal viaggio iniziatico dell’eroe: in questo caso l’obiettivo è quello della crescita personale che lo faccia giungere a un equilibrio tra mente, spirito, corpo e anima integrando nella coscienza le parti più profonde della psiche.

“La simbologia – conferma Meggiato – sta alla base dell’espressione artistica sin dai primordi. Opere che hanno fatto la storia dell’arte, come la Gioconda di Leonardo, sono intrise di significati simbolici. Non a caso, spesso, i messaggi dei grandi maestri convergono in un’unica direzione. Leonardo nella Gioconda crea una figura che somma il femminino al mascolino in una sintesi che rimanda alla ricerca dell’uno, al punto di arrivo finale. Metaforicamente, la sfera lucida centrale che spesso è presente nelle mie opere rimanda alla nostra parte più recondita nella quale si specchiano, come un accumularsi di esperienze, tutti i reticoli intricati dei labirinti interiori delle mie sculture. Come a dire che i momenti più complicati della vita, in realtà, possono anche essere i più importanti perché spesso sono proprio le crisi che ci possono spingere ad acquisire consapevolezza. Siamo esseri spirituali, momentaneamente in un corpo fisico, siamo qui per imparare, crescere e forse alla fine ci ricorderemo chi realmente siamo”.

L’arte travalica tempo e spazio e, attraverso i fili invisibili delle tradizioni legate al soprannaturale, artisti di secoli lontani abitano una dimensione parallela, laddove il loro occhio è rivolto oltre le apparenze, direttamente verso l’immutabile mondo delle idee e degli archetipi, rappresentato da quel simbolo che ha come obiettivo quello di offrire strutture compositive capaci di accrescere il valore dello spirito.

La genesi dell’oltre e il soprannaturale

Ogni giorno ci svegliamo, facciamo colazione, andiamo a lavorare, produciamo, a seconda della professione, idee e pensieri che dovrebbero migliorare la nostra posizione e la nostra vita. In certi casi rincorriamo il successo cercando di dimostrare che l’uomo è artefice del proprio destino e in grado di cambiare le sorti della propria realtà. Se da una parte è naturale vivere con serenità ogni momento del nostro percorso esistenziale, dall’altra ci poniamo domande a proposito del ruolo dell’uomo nell’universo di fronte ad avversità o a drammatiche coincidenze che ci fanno venire il dubbio sull’esistenza di un fato che si compirà a prescindere dalla nostra volontà. In fondo, sono state proprio le insicurezze e l’atteggiamento emotivo di fronte a fatti razionalmente inspiegabili ad avvicinare l’individuo alla filosofia o alla religione o a un’entità superiore. L’uomo è stato invitato dal proprio Dio a un destino soprannaturale, a basare la propria esistenza su qualcosa che non è scientificamente argomentabile, consapevole di poter trovare una logica ricorrendo alla rivelazione. La ragione di per sé può contribuire ad analizzare il naturale, i fenomeni del corpo e dell’anima, ma non può indagare l’uomo nella sua essenza, nel suo voler trascendere il naturale, nel suo anelare con sistematicità l’oltre e l’infinito. Non può esistere, quindi, una vera conoscenza dell’uomo al di fuori di una o più dimensioni soprannaturali in un contesto del tutto simile a quello naturale, ma al tempo stesso completamente differente perché basato su una profondità di pensiero che permette di vivere e di vedere ogni dato fenomenico da ottiche altre rispetto a quelle che la sola ragione decreterebbe come convenzionali. Da quando l’uomo ha preso consapevolezza di ciò, la conoscenza del naturale non può più essergli sufficiente.

Meggiato ha fatto dell’indipendenza, dell’intraprendenza, della sperimentazione, dello spirito di appartenenza, dell’introspezione, dell’indagine della natura, dello studio dei fenomeni simbolici, esoterici e socio-antropologici un mezzo per conoscere, per conoscersi e per mettere in condizione ogni persona di rileggere la natura attraverso processi cerebrali attivi e meditativi. Le sue opere sono, spesso, legate proprio ai pensieri di identità introspettive riviste in chiave contemporanea. In un momento dove il naturale può essere interpretato e indagato ad ogni latitudine e con qualunque strumento possibile, lo scultore ci invita a recuperare la consapevolezza del passato remoto, la forza delle nostre origini e di quelle energie primordiali che completano e distinguono l’individuo nell’era della globalizzazione. In ogni suo lavoro si percepisce un tentativo di unire gli opposti (luci e ombre, pieni e vuoti), di far dialogare strutture e cose apparentemente lontane tra di loro (materiali, strutture, cromie e forme), dove il soprannaturale potrebbe trasformarsi nel filo rosso che lega tutte le cose del mondo.

“A differenza della maggior parte degli scultori – conclude Meggiato –, nel mio lavoro, non parto da disegni iniziali o da bozzetti, ma inizio subito a combattere direttamente con la cera nel tentativo di materializzare l’idea dell’opera mano a mano che affiora nella mente. ll mio è un viaggio nell’inesplorato, verso l’ignoto, in una foresta oscura ed intricata, come sono spesso i labirinti neri e tortuosi delle mie sculture, ma ecco che si apre una radura ed allora l’opera trova il suo verso e il suo punto d’arrivo. Mi piace vivere i momenti della creazione di un’opera attimo per attimo senza aspetti progettuali preconfezionati che mi farebbero diventare un artigiano di me stesso. L’aspetto razionale, semmai, subentra in una seconda fase, come momento finale di messa a punto del lavoro. Solo la libertà data alla nostra parte più istintiva e pura lascia aperta la strada e permette di arrivare a riunirci, nel momento creativo, alla parte più profonda e recondita di noi stessi e dell’universo”.

Oggi tutto si esplicita come un universale tiro alla fune: ogni volta che cerchiamo di migliorare un aspetto della nostra esistenza che non amiamo ci affidiamo alla forza di volontà, innescando un gioco alla fune con noi stessi nella consapevolezza che siamo destinati a perdere qualunque sia l’esito finale. Solo lo spirito soprannaturale che alberga in noi può darci la forza di cambiare le cose, ma solo dopo aver cambiato noi stessi. Se ammettiamo l’intervento di qualcosa di superiore all’origine dell’umanità, se crediamo che l’universo si sia strutturato per volontà divina, dobbiamo prendere in considerazione l’ipotesi che Dio abbia lasciato che tutte le persone, una volta istruite e rese indipendenti, percorressero il loro tragitto esistenziale in modo libero e indipendente alla ricerca della propria luce. Meggiato ci fa comprendere come il confronto con la società, con la quotidianità e con i problemi del terzo millennio responsabilizzino le persone e creano un dialogo costante con un destino partecipato.

Maurizio Vanni

2013

La libertà della materia

Gianfranco Meggiato è uno di quegli artisti che non potrebbe mai essere inserito in nessuna casella spazio-temporale della storia dell’arte o studiato attraverso comparazioni e riferimenti con altri artisti del passato. Lo scultore veneto decide razionalmente di fare l’artista assecondando una lucidissima predisposizione interiore e lo fa con la consapevolezza di dover scegliere il mezzo adatto al suo modo di vivere e intendere l’arte visiva, al suo essere creativo, fantasioso e artigiano, al suo considerarsi uomo della propria contemporaneità e artefice del proprio destino a prescindere dalla tecnica, dallo stile e dai materiali che decide di prendere utilizzare. Meggiato non è spaventato dal peso delle responsabilità e dalle sfide, ha sempre dimostrato attenzione e rispetto per le arti rinascimentali e, forse anche per questo, ha mantenuto un codice espressivo indipendente e riconoscibile nel tempo, ma mai uguale a se stesso. Nulla è lasciato al caso, ma al tempo stesso niente è prestabilito con bozzetti o disegni preparatori. Tutto ciò che sembra a “portata di occhio” si trasforma in un enigma da risolvere mentre tutto ciò che ci sembra contorto, criptico ed ermetico, magicamente si scompone di fronte ai nostri occhi a patto di concederci ai suoi lavori, di diventarne temporaneamente parte integrante e attiva.

La libertà della materia

Una delle cose che un bravo scrittore di arte dovrebbe tener presente prima di redigere un saggio è la struttura del testo, ovvero il contesto entro il quale decidere di collocare l’artista preso in considerazione. Solitamente si cerca di analizzare il periodo storico e, in modo più o meno intraprendente, si trova un legame che permetta di creare continuità, comparazione o distacco. Ma in un momento storico come quello attuale esiste un contesto preciso, un’identità culturale o qualcosa che contraddistingua a livello internazionale e con certezza il qui e ora della cultura contemporanea? Come ricorderemo tra venti anni il primo decennio del terzo millennio? Probabilmente viviamo nel momento meno “ordinato” degli ultimi cinquant’anni dove il tutto e il suo contrario diventano plausibili se sostenuti da conoscenza, scaltrezza e da un buon investimento socio-economico.

Gianfranco Meggiato è uno di quegli artisti che non potrebbe mai essere inserito in nessuna casella spazio-temporale della storia dell’arte o studiato attraverso comparazioni e riferimenti con altri artisti del passato. Lo scultore veneto decide razionalmente di fare l’artista assecondando una lucidissima predisposizione interiore e lo fa con la consapevolezza di dover scegliere il mezzo adatto al suo modo di vivere e intendere l’arte visiva, al suo essere creativo, fantasioso e artigiano, al suo considerarsi uomo della propria contemporaneità e artefice del proprio destino a prescindere dalla tecnica, dallo stile e dai materiali che decide di prendere utilizzare. Meggiato non è spaventato dal peso delle responsabilità e dalle sfide, ha sempre dimostrato attenzione e rispetto per le arti rinascimentali e, forse anche per questo, ha mantenuto un codice espressivo indipendente e riconoscibile nel tempo, ma mai uguale a se stesso. Nulla è lasciato al caso, ma al tempo stesso niente è prestabilito con bozzetti o disegni preparatori. Tutto ciò che sembra a “portata di occhio” si trasforma in un enigma da risolvere mentre tutto ciò che ci sembra contorto, criptico ed ermetico, magicamente si scompone di fronte ai nostri occhi a patto di concederci ai suoi lavori, di diventarne temporaneamente parte integrante e attiva.

Per poter giungere ad avere una buona percezione personale delle sue opere dovremmo lasciarci andare a un’apertura sensoriale attraverso un atteggiamento emozionale e cerebrale in grado di coinvolgere istinto e ragione, eros e logos. Una specie di rito iniziatico di purificazione dai nostri prevedibili pregiudizi e dalle nostre contaminazioni visive legate alle apparenze. Dovremmo trovare il coraggio di superare le barriere che dividono il dato di superficie dal cuore della scultura, e che separano il finito dall’infinito. Il centro, il nucleo pulsante, pur essendo facilmente identificabile, in molti casi tende ad occupare un ruolo di subordine come se fosse considerato fragile o vulnerabile. Solamente con dedizione, partecipazione tattile e un po’ di creativa incoscienza potremmo riuscire a raggiungere la meta, ad andare oltre l’esteriorità, a superare il velo di Maya che cripta tutte le cose del mondo, a trovare in noi stessi la chiave di volta e il nostro personalissimo filo di Arianna in grado di non farci perdere nel dedalo delle facili e gradevoli sembianze.

Quando nella storia evochiamo il labirinto intendiamo richiamare alla mente proprio il significato della prova, della doppia missione che aveva coinvolto Teseo: uccidere il Minotauro e trovare la via d’uscita. Ma era necessario uccidere la bestia? L’uomo toro esisteva o era semplicemente la proiezione dell’io di un improvvisato cacciatore che preferiva mentire a se stesso pur di non perdere la comoda cecità di un rassicurante grigio perenne? All’interno del labirinto, così come di fronte alle opere plastiche di Meggiato, si aprono una serie di percorsi improbabili, ma possibili, numerose occasioni percettive, ma solo una di queste permetterà a ogni fruitore di giungere alla destinazione finale. La cosa imprevedibile, però, è che la strada appropriata sarà differente a seconda di ogni spettatore, dei suoi ricordi, delle sue conoscenze, del suo desiderio di condividere le emozioni e del suo coraggio intellettivo e partecipativo. Il mito ha sempre messo in scena l’eterna ansia tra l’uno e il molteplice, tra la realtà assoluta e la verità relativa, ma fornisce lo strumento per risolvere tutti i nostri quesiti: il filo di Arianna nel momento stesso in cui attraversa il labirinto tende ad annullarlo.

Per l’artista veneto il fare arte corrisponde alla volontà estetico-concettuale di un confronto con la natura e con l’uomo, una sfida quasi neo-umanistica attraverso la quale rileggere la stabilità classica del passato attraverso le più ardite possibilità plastiche della nostra contemporaneità. Ne scaturiscono immagini a tutto tondo che non sostituiscono altre immagini, ma corrispondono a sintesi visive auto-referenziali, certe volte in apparente dualismo tra di loro, le uniche rappresentabili in quel preciso momento in sintonia con le proprie idee e le proprie suggestioni interiori anche laddove alcune composizioni risultano avere dei palesi elementi di contrasto.

La teoria dello Yin e dello Yang è una dottrina molto antica che parte da un semplice pensiero: tutto ciò che è rivolto verso il sole è Yang e tutto ciò che è alle spalle del sole è Yin. Partendo da questa considerazione possiamo considerare e classificare qualunque fenomeno dell’universo. Yin e Yang descrivono le coppie di opposti che si trovano in continua relazione tra di loro: un pensiero legato ad alcuni filosofi orientali giunti alla conclusione che l’intera esistenza si trova sottoforma di dualità. In molte delle sue opere, Meggiato ci propone un nucleo centrale ben evidente, una forma geometrica definita, lucida sferica, circolare o ellittica, fulcro di una seconda parte più libera, meno disciplinata, in forte contrasto con la precedente a tal punto da celarla o lenirle la consistenza materica. Due elementi antagonisti, ma anche due facce della stessa medaglia che, pur controllandosi reciprocamente, appartengono allo stesso fenomeno creativo, allo stesso pensiero che ha presieduto l’invenzione. In pratica è come se Meggiato avesse deciso di unire nella stessa dimensione l’inconsistenza dell’anima e la grevità del corpo. “L’uomo è un essere spirituale – afferma Gianfranco Meggiato – momentaneamente in un corpo fisico. È dovere di ogni artista evidenziare l’importanza dell’uomo, ricollocarlo al centro dell’universo senza considerarlo un semplice numero”.

Il suo obiettivo è quello di arrivare al cuore delle le cose, al centro del suo labirinto, alla parte più profonda e spirituale della vita. Cercare l’essenza di ogni fenomeno per aprirsi al suo mondo interiore e proiettarsi verso altre dimensioni capaci di mettere in dubbio il significato di tutto ciò che diamo per scontato nella vita. Modellare e scolpire significa impegnarsi in continui cambiamenti che coinvolgono la sua parte più cerebrale, spirituale e profonda in relazione a una visione che va oltre ciò che solitamente definiamo realtà, pur non abbandonando mai del tutto i concetti modernamente rinascimentali legati alle armonie tra pieni e vuoti, tra luci e ombre, e tra spazio e forma. Meggiato è consapevole di percorrere una strada con tanti quesiti, con numerose vulnerabilità legate a punti di vista che non potranno mai essere dimostrati scientificamente e che, il più delle volte, creano perplessità nei confronti di pubblici sempre meno disposti ad andare oltre ciò che vedono, a credere nei misteri della nostra esistenza.

La cabala rappresenta il punto d’incontro di un mosaico che sintetizza tutte le esperienze esoteriche e orfiche. Un linguaggio che esprime e descrive metaforicamente alcune categorie di fenomeni che vanno oltre la comprensione razionale e scientifica. Una sorta di simbolismo ideale per raccontare qualunque cosa senza infrangere le naturali barriere mentali legate all’oscurità della non conoscenza. Meggiato è attratto da un simbolismo che gli consente di esprimere liberamente ogni idea, stabilendo una connessione tra l’essenza della forma e il suo equivalente spirituale, morale e intellettuale per comprendere meglio il senso del Creato e della vita, consapevole che l’esperienza, l’apertura mentale e lo studio potranno fornirgli una preziosa e propulsiva consapevolezza.

Nel Buddismo, il Nirvana corrisponde al fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore provocato dai tre limiti fondamentali: la brama, l’odio e l’illusione. Nel Nirvana lo spirito raggiunge il più alto grado di coscienza. Meggiato sta indagando, attraverso un’indagine e un’auto-indagine in costante evoluzione, una via che gli permetta di fuoriuscire dal mondo finito e superficiale per entrare in contatto con la parte illimitata e infinita della natura e dell’uomo. Nella sua ricerca si imbatte nello spirito delle cose: a quel punto il suo personalissimo filo di Arianna consiste nel provare a circoscrivere queste percezioni, definirle e renderle plastiche. Saper intuire e interpretare correttamente la forma tridimensionale di un’impressione è una risorsa incredibile per un artista, ma non ci si arriva senza il lucido desiderio di andare oltre: “L’artista coerente porta nei suoi lavori la propria conoscenza, la propria quotidianità e le espressioni figurate della propria vita dimostrando che anche i momenti più difficili e complicati, che non arrivano mai del tutto casualmente, possono trasformarsi in meravigliose opportunità”.

La vita spirituale ottiene il suo completamento nella costante ricerca della verità. Meggiato cerca la propria realtà portata alla massima sintesi attraverso una lotta incessante con la materia: mette in gioco strategia, astuzia e perentorietà per sottometterla al suo volere, senza mai privarla del tutto della sua specificità. È come se esistesse una segreta affinità tra l’artista e le forze segrete della natura che, quasi magicamente, si ritrovano istintivamente nell’imprevedibile repertorio delle forme che sono sempre in grado di riassumerle tutte: “Noi siamo esseri spirituali in rapporto diretto con le energie dell’universo. Noi facciamo parte di queste energie”.

Ne scaturiscono lavori con una sfera o un disco centrale intorno ai quali si aprono una serie di ramificazioni complesse che si attorcigliano in modo concitato come a cercare una fusione tra volumi e spazio fino quasi a criptare del tutto il nucleo di partenza. Opere il cui significato estetico totale risiede in rapporti formali, nella loro interazione con la luce e lo spazio attraverso forme esteriori concretamente astratte: “Nel creare un’opera d’arte ho due fasi: la prima è legata all’idea, alla visione interiore che dovrà confrontarsi con la materia. La seconda è legata allo svolgimento, al combattimento con la materia che rispetto, permettendole di manifestarsi per come è”.

Il disco è un simbolo solare che rappresenta la cerebralità, la luminosità interiore e la potenza espressiva. Una luce che ha il potere di sconfiggere il buio dell’inconsapevolezza diventando elemento da perpetuare e preservare. Le opere di Meggiato, pur essendo chiaramente lontane da ogni forma plausibile legata alla realtà, detengono sempre un’aura familiare: in certi casi, alcune forme si fanno percepire quasi come fossero state da sempre nella nostra esistenza. Il suo obiettivo è comunque sempre quello della vitalità dei volumi: potremmo avvicinarci a una sua opera e avere la tentazione di parlarci. Non ci aspetteremmo una risposta, ma avremmo la sensazione che potrebbe comprendere ogni singola parola, perché la sentiremmo respirare: “Ogni opera è specchio di chi la vive”.

In alcune delle opere più recenti, lo scultore ha aperto ancora di più le forme con un’inedita disposizione delle parti più esili e curvilinee verso la luce: ciò che prima sembrava una barriera difficilmente superabile si è trasformata in un’armonica ramificazione disposta, con maggior dinamismo e raffinata eleganza, a dialogare con il vuoto e a liberarsi nello spazio. Meggiato tende a un nuovo simbolismo della forma cercando di esaltare la costante energia delle sue composizioni capaci di tradurre l’equivalente di quella natura che non abbandonerà mai del tutto, conscio che non smetterà mai di crescere, di evolvere e di trasformarsi. L’artista è sempre più interessato a liberare la materia dal suo peso fisico per farla vivere e rivivere in quell’energia che la renderà eterna.

Maurizio Vanni